Buon anno scolastico.


Un saluto a tutti. Mi presento: sono Enrico Quattrin.

Con queste parole desidero augurare all’intera scuola un anno ricco di soddisfazioni professionali ed umane. Ho atteso per scriverle: avevo la necessità di guardarmi attorno e capire la situazione: ora posso formulare le mie prime riflessioni pubbliche.

Quanto ho da dire non sarà complicato: questa scuola è la scuola più bella del mondo.

Certo, ci sono parecchie cose che preoccupano me e noi tutti: la mia prima impressione, lo confesso, è stata quella di dover affrontare una sfida impossibile: qualcosa come partecipare ad una gara ciclistica con una bicicletta senza una ruota. Ma oggi vi dico: non ci manca nulla, realmente. Ci ho messo un po’ per capirlo, ma si sa che l’essenziale è invisibile agli occhi.

Qui abbiamo una risorsa preziosissima, che è anche la nostra enorme responsabilità.

Siamo un liceo artistico, l’unico dell’intera provincia, e dentro questa provincia bellissima siamo la scuola che ha il compito di custodire la bellezza, in ogni sua forma, usando ogni linguaggio, custodendo il passato e trasformandolo in futuro. E anche se sembra che ci manchi tutto, tante volte, non ci serve niente: tra studenti e docenti non manca la creatività, l’entusiasmo, la bellezza, la voglia di imparare e migliorare.

Può bastare, se vogliamo, tutti insieme, inventare un modo.

Se guardiamo all’essenziale, cosa serve davvero per fare una bella scuola? E’ scritto nell’ultimo CCNL, con un’espressione un po’ misteriosa: una comunità educante. Che vuol dire? Secondo me che affinché esista una scuola serve un maestro, un allievo, un’idea, e la capacità di intrecciare passato, presente e futuro; in particolare, cari studenti, servono le vostre idee, quelle che ancora forse neanche sapete di avere, quelle che qui dentro imparerete a creare.

I limiti sono sempre un buon motivo per dare sfogo alla creatività.

Vorrei una scuola dove l’errore porta a nuove scoperte; vorrei una scuola dove la bellezza è presa sul serio. Vorrei una scuola in cui nessuno si senta sbagliato, soprattutto: e dev’essere per questo che sono finito qui.

Ora posso anche presentarmi, sono il vostro apprendista dirigente scolastico; apprendista non è parola che sminuisce, ma che sottolinea la necessità di apprendere, sbagliando anche, migliorando sempre. 

Ora, sono pienamente consapevole che avrei potuto dire: “scuola inclusiva”, “Long Life Learning” e altre cose del genere, come dicono quelli bravi, chiusi negli uffici. Ma nonostante la mia famiglia provenga da questa meravigliosa regione, vengo da un quartiere dell’estrema periferia di Roma, e ho imparato negli anni che il gergo ministeriale va tradotto in lingua umana, se non si vuole morire di freddo, se vogliamo incontrarci. Ed ho imparato che non conta mai quel che vorresti dire ma sempre solo quello che hai da dire: bisogna essere onesti, sempre, dentro una scuola. Vi chiedo di esserlo. Proverò ad esserlo. E bisogna lavorare di più, per dimostrare qualcosa; mi impegno anche in questo e vi chiedo altrettanto.

Io vorrei una scuola terribilmente seria, sapete? Così seria da sapersi riempire di sorrisi: siamo qui tutti a fare la cosa che preferiamo, che abbiamo scelto e desiderato.

Non mi spaventa la confusione; ma la rappresentazione della confusione non deve mai essere una rappresentazione confusa, e la libertà impone i suoi doveri, ogni giorno.

Vorrei una scuola piena di persone.

Vorrei una scuola piena di bellezza.

Vorrei una scuola piena di persone che creano bellezza, e di bellezza che educa le persone.

Il mio lavoro è ora prendermi cura di tutto questo.

Mi impegnerò, come sono certo farete anche voi tutti.

Buon anno, a voi tutti: studenti, genitori, docenti e personale tutto.